Giuria internazionale Venezia 68

Alba Rohrwacher

E’ stata definita la Giuria internazionale del Concorso della 68. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, presieduta dal regista, produttore e sceneggiatore statunitense Darren Aronofsky.  

La Giuria assegnerà i premi ufficiali della 68. Mostra, che avrà luogo al Lido dall’31 agosto al 10 settembre 2011, diretta da Marco Mueller e organizzata dalla Biennale di Venezia, presieduta da Paolo Baratta.  

Le personalità chiamate a farne parte sono:  

  • l’artista visiva e regista finlandese Eija-Liisa Ahtila, i cui lavori sono stati esposti nei più importanti centri espositivi al mondo, dalla Tate Modern di Londra (con una mostra monografica nel 2002) al MoMA di New York (con l’installazione video The Wind nel 2006), e che ha partecipato in due occasioni alla Biennale Arte, nel 1999 con la video-proiezione Lohdutusseremonia (Padiglione dei Paesi nordici) e nel 2005 con l’opera The Hour of Prayer, proiettata su quattro schermi;  
  • il compositore, artista visivo e regista britannico David Byrne, leader dei Talking Heads negli anni ’70 e successivamente creatore dell’etichetta discografica di successo Luaka Bop, che dal ’90 lavora su progetti di arte visuale e fotografia esposti in tutto il mondo. E’ stato protagonista insieme ai Talking Heads del celebre film-concerto Stop Making Sense (1984) di Jonathan Demme, regista (nonché interprete/narratore) dell’originale True Stories (1987), compositore di importanti colonne sonore fra cui L’ultimo imperatore (1987) di Bernardo Bertolucci con cui ha vinto l’Oscar, e recentemente ha collaborato con Will Oldham per la colonna sonora del film di Paolo Sorrentino This Must be the Place;  
  • il regista statunitense Todd Haynes, figura chiave del cinema indipendente, da sempre attratto da interessi artistici e letterari che trapelano nei suoi film, in Concorso a Venezia nel 2007 con I’m Not Here (Io non sono qui, Premio Speciale della Giuria e Coppa Volpi a Cate Blanchett) e nel 2002 con Far From Heaven (Lontano dal Paradiso, Coppa Volpi a Julianne Moore), premiato col Pardo d’oro a Locarno e col Premio della Giuria al Sundance per il film d’esordio Poison (1991);
  • il regista cinematografico e teatrale italiano Mario Martone, in Concorso a Venezia nel 2010 con l’applauditissimo Noi credevamo, vincitore di 7 David di Donatello e del Nastro d’argento dell’anno, già vincitore a Venezia del Premio della Giuria nel 1992 per l’esordio Morte di un matematico napoletano, grande protagonista della scena sperimentale del teatro italiano (tra i fondatori dei gruppi Falso Movimento e Teatri Uniti), ha allestito spettacoli nei maggiori teatri del mondo ed è direttore del Teatro Stabile di Torino;  
  • l’attrice italiana Alba Rohrwacher, interprete fra le più richieste e acclamate delle ultime stagioni, a Venezia nel 2010 con La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo (per il quale ha ricevuto il Nastro d’argento come migliore attrice protagonista) e Sorelle mai di Marco Bellocchio, nel 2009 con Io sono l’amore di Luca Guadagnino, nel 2008 con Il papà di Giovanna di Pupi Avati, per il quale ha ricevuto il David di Donatello come migliore attrice protagonista (l’anno precedente lo aveva ricevuto come migliore non protagonista per Giorni e nuvole di Silvio Soldini);  
  • il regista e sceneggiatore francese André Téchiné, uno dei Maestri del cinema d’Oltralpe, Palma d’oro a Cannes per Rendez-vous (1985), esordiente a Venezia nel 1969 con Pauline s’en va dopo un apprendistato critico nei prestigiosi “Cahiers du Cinéma”, ha scelto Venezia come suggestiva location del suo ultimo film Impardonnables (2011), presentato a Cannes alla Quinzaine des Réalisateurs, con André Dussollier nei panni di Francis, scrittore affermato giunto sull’isola di S. Erasmo per dedicarsi con calma al suo prossimo romanzo.    

Nella serata conclusiva della Mostra (10 settembre 2011), la Giuria Internazionale Venezia 68 assegnerà ai lungometraggi in concorso i premi ufficiali: il Leone d’Oro per il miglior film, il Leone d’Argento per la migliore regia, il Premio Speciale della Giuria, la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile, il Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente, l’Osella per il miglior contributo tecnico, l’Osella per la migliore sceneggiatura.  

Note biografiche  

Eija-Liisa Ahtila (video-artista, regista – Finlandia)

Eija-Liisa Ahtila è una video-artista e regista cinematografica finlandese. Dopo aver compiuto studi cinematografici e sui formati multimediali sia a Londra che a Los Angeles, dalla fine degli anni ’80 lavora in diversi campi della creazione audio-visiva come la fotografia, le performance e le installazioni. Al momento, la sua attività si concentra principalmente su opere cinematografiche e installazioni video. Coi suoi lavori esplora tecniche narrative sperimentali, quali la connessione tra spot pubblicitari e cortometraggi, le tecniche di split-screen e le possibilità derivanti dalla narrazione su più schermi. I suoi film sono stati presentati in importanti festival internazionali tra cui Rotterdam, Miami, Hong Kong, Helsinki e il Sundance Film Festival, e sono stati trasmessi su diversi canali televisivi, sia in Europa che in Australia. Nei suoi primi lavori la Athila ha trattato gli sconvolgenti drammi umani che stanno al centro delle relazioni personali come ad esempio la sessualità giovanile, i rapporti familiari, la disintegrazione mentale e la morte. I suoi ultimi lavori, tuttavia, toccano questioni artistiche più profonde e basilari in cui esamina i processi di percezione e di attribuzione del significato, a volte alla luce di temi culturali ed esistenziali di più ampio spettro come il colonialismo, la fede e il post-modernismo. La sua abilità nel raccontare attraverso le immagini e nel tratteggiare toccanti ritratti umani, ha catturato l’interesse del pubblico e le ha consentito di ottenere l’apprezzamento della critica internazionale. I film di Eija-Liisa Ahtila hanno vinto importanti premi internazionali e molti tra i più importanti musei di arte contemporanea le hanno dedicato una retrospettiva. La Tate Modern di Londra le ha dedicato una mostra monografica nel 2002, mentre il MoMA di New York ha presentato nel 2006 la sua installazione video The Wind. Nel 2008, il centro espositivo di Parigi Jeu de Paume le ha dedicato una retrospettiva. Il British Film Institute ha pubblicato in DVD The Cinematic Works of Eija-Liisa Ahtila, garantendo così l’accesso al suo lavoro ad un pubblico più vasto. L’artista finlandese ha partecipato due volte all’Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Nel 1999 era presente con il video Lohdutusseremonia (Consolation Service), grazie al quale ha ottenuto una menzione d’onore. E’ tornata alla Biennale nel 2005, dove ha presentato The Hour of Prayer, opera che indaga sul senso di perdita e sul dolore derivante dalla morte del proprio cane. Tra i suoi lavori, Plato’s Son (1990), un cortometraggio di stampo filosofico nel quale un alieno giunge sulla terra, The Trial (1993), Me/We, Okay, Gray (1993), If 6 was 9 (1995/96), un film in split screen sul mondo degli adolescenti e sul loro rapporto col sesso, Love is a Treasure (2002) e Where is Where (2009), un’installazione video su più schermi che tratta il tema della guerra e dei suoi effetti traumatici sui i civili. Eija-Liisa Ahtila ha ottenuto una serie di importanti riconoscimenti nell’arco della sua carriera, tra i quali il Young Artist of the Year Award in Finlandia (1990), l’AVEK Award per gli importanti risultati ottenuti nel campo dell’audio-visivo (1997), l’Edstrand Art Prize (1998) e il Vincent Van Gogh Bi-annual Award for Contemporary Art in Europe (2000). L’artista finlandese è stata inoltre premiata con l’Artes Mundi Prize a Cardiff (2006) e col Prince Eugen Medal for outstanding artistic achievement in Svezia, nel 2008.  

David Byrne (musicista, artista, regista – Scozia)

David Byrne è nato nel 1952 a Dumbarton, Scozia, e attualmente risiede a New York. Dopo gli studi svolti presso la Rhode Island School of Design e la Maryland Institute College of Art, Byrne fonda i Talking Heads, band di culto attiva dal 1976 e il 1988 che ha rivoluzionato la musica pop grazie all’assoluta innovazione dei testi e alla straordinaria varietà delle musiche, oltre che per l’introduzione di un nuovo approccio di tipo “visivo” all’interno del genere musicale. Allo stesso tempo cantante e autore dei testi, Byrne è un artista da sempre interessato a cogliere il lato insolito, meraviglioso nascosto dietro l’apparente banalità del quotidiano, come risulta evidente fin dal secondo album dei Talking Heads, More Songs About Buildings and Food (Altre canzoni su cibi e edifici): un insieme di canzoni pop ricche di contaminazioni elettro-acustiche e sfumature punk. Nel 2002 i Talking Heads sono stati ammessi alla Rock and Roll Hall of Fame, mentre nel 2003 è uscito un cofanetto con tutti i video del gruppo e, due anni più tardi, Brick, il catalogo completo delle loro registrazioni in studio che include anche del materiale audiovisivo inedito. Negli anni ’70 Byrne esordisce come attore di documentari e insieme al gruppo è protagonista del film-concerto Stop Making Sense (1984) di J. Demme. Nel 1986 passa dietro la macchina da presa e gira True Stories, bizzarro ritratto del Texas e dei suoi abitanti, nel quale è anche interprete/narratore. Si è dedicato inoltre alla composizione di colonne sonore, tra cui quelle per i film Qualcosa di travolgente (1986) e Una vedova allegra… ma non troppo (1988), entrambi di J. Demme, L’ultimo imperatore (1987) di B. Bertolucci, per il quale vince un Oscar, un Golden Globe e un Grammy, e The Family Man (2000) di B. Ratner. Tra le sue più recenti lavori in campo cinematografico, si ricorda la collaborazione con Will Oldham per la colonna sonora del film di Paolo Sorrentino This Must be the Place. Il film, che riprende nel titolo una vecchia canzone dei Talking Heads, ha come protagonista Sean Penn ed è stato presentato in concorso alla 64ma edizione del Festival di Cannes (2011). David Byrne svolge attività fotografica e di design sin dai tempi dell’università, ma solo recentemente ha iniziato a esporre i propri lavori e a pubblicare le sue fotografie su libri e riviste. Al pari dei film e dei progetti musicali, la sua fotografia è in grado di trasformare in arte il quotidiano o il banale, elevandolo ad icona, rivelando in questo modo ciò che di sacro è nascosto nel profano. Se lette in questa chiave, alcune sue fotografie possono essere considerate come una sorta di ‘reportage’ che documenta l’essenza caratterizzante, la parte più intima e profonda dell’immagine stessa. Una buona parte dell’opera fotografica di Byrne è frutto dei numerosi viaggi che l’artista ha compiuto nel corso della sua vita, in paesi quali Messico, Marocco e Texas. Il resto è per lo più frutto di un accurato lavoro in studio, realizzato utilizzando una grande varietà di supporti fotografici (Polaroid, Cibachrome, Cibatransparency). Le sue fotografie sono state spesso esposte assieme ad installazioni audio, guide acustiche ed elementi scultorei. Negli anni più recenti, Byrne ha pubblicato anche numerosi libri. In Strange Rituals, suo primo libro del 1995 in cui alterna testi a materiale fotografico, Byrne mostra tutta la sua fascinazione per le culture ‘minori’ e meno note, elemento che ritorna spesso anche nella sua produzione musicale. Negli anni ’90 Byrne lavora su diversi progetti di arte visiva, comprese alcune fotografie tese ad evidenziare l’architettura omologata degli spazi pubblici. Nel 1998 realizza Super-Ego, una serie di foto lightbox che hanno per soggetto delle bambole di plastica a prima vista modellate sulla fisionomia di Ken della serie Barbie, ma in realtà somiglianti allo stesso Byrne. Sperimentatore instancabile, Byrne si avvicina al mondo dell’esposizione artistica con un approccio del tutto innovativo, riconsiderando la struttura tipica di una mostra di arti visive attraverso l’accostamento e la sovrapposizione di elementi diversi quali immagini, colonne sonore e guide acustiche. Nel 1998 pubblica Your Action World e più tardi The New Sins/Los Nuevos Pecados, un volume somigliante ad una bibbia creato appositamente per la Biennale di Valencia. Un altro progetto editoriale, Envisioning Emotional Epistemological Information del 2003, indaga l’uso che fa Byrne del software di presentazione PowerPoint come mezzo artistico, e include un DVD con cinque presentazioni PowerPoint accompagnate dalla musica. Arboretum, pubblicato da McSweeney nel 2006, riprende la forma di un quaderno di appunti nel quale Byrne ha inserito i suoi “disegni di alberi”. Il suo libro più recente è Bicycle Diaries, del 2009, una sorta di cronaca delle esperienze vissute dall’autore in occasione dei suoi viaggi in bicicletta in diverse città del mondo.

Todd Haynes (regista, sceneggiatore – Stati Uniti)

Regista californiano, si serve di una scrittura complessa e immaginifica per raccontare ossessioni, temi scomodi o scandalosi, mettendo in scena personaggi segnati dall’inquietudine, animati da disagi e pulsioni profonde, disposti a sfidare regole e convenzioni. Todd Haynes sin da bambino è attratto dalle arti, dipinge e gira filmati amatoriali. Nel 1985 termina con successo gli studi in Arte e Semiotica presso la Brown University e in seguito si trasferisce a New York. Due anni più tardi scrive e dirige il cortometraggio premio Oscar Superstar: The Karen Carpenter Story, nel quale il regista usa bambole Barbie invece di attori per ricostruire la morte per anoressia di una cantante, che diventa un cult del cinema underground. Il primo lungometraggio di Haynes, Poison (1991), ottiene il Gran Premio della Giuria al Sundance e il Pardo d’oro a Locarno. Subito dopo, il regista dirige Dottie Gets Spanked, un corto che il Village Voice ha definito «Un ritratto della periferia anni ’50, nello stile della pop-art ». Il suo secondo lungometraggio, Safe (1994), viene nominato Miglior Film dell’Anno dai critici più autorevoli di quotidiani e riviste come il Boston Globe, Film Comment e Interview Magazine. Il Village Voice è andato persino oltre, definendolo il miglior film degli anni ‘90. Safe ha anche segnato la prima delle collaborazioni di Haynes con l’attrice Julianne Moore. Il terzo film di Haynes è stato l’intenso dramma rock Velvet Goldmine (1997), con Ewan McGregor, Jonathan Rhys-Meyers, Christian Bale e Toni Colette. Il New York Times ha definito Goldmine « abbagliante e surreale », e il Festival del Cinema di Cannes ha premiato il film per il Miglior Contributo Artistico. Lontano dal paradiso (Far from Heaven, 2002), il quarto film di Haynes, è stato presentato in concorso alla Mostra di Venezia dove la protagonista Julianne Moore ha vinto la Coppa Volpi, ed è stato uno dei film più apprezzati dell’anno dai critici, entusiasmando soprattutto i critici americani, compresi quelli riuniti nella prestigiosa associazione dei New York Film Critics. Lontano dal paradiso ha avuto 4 candidature agli Oscar, tra cui quella per la migliore attrice a Julianne Moore, e per la migliore sceneggiatura a Haynes. Nel 2007 il regista torna a Venezia presentando in concorso Io non sono qui (I’m Not There), ispirato alla vita di Bob Dylan, in cui il cantautore americano è interpretato da ben sei attori diversi (Christian Bale, Cate Blanchett, Marcus Carl Franklin, Richard Gere, Heath Ledger, Ben Whishaw). La pellicola vince il Premio Speciale della Giuria (presieduta dal regista cinese Zhang Yimou) e a Cate Blanchett va la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile. Recentemente ha diretto la serie televisiva statunitense in cinque parti Mildred Pierce, prodotta dalla prestigiosa HBO e trasmessa con successo negli Stati Uniti questa primavera. La serie, basata sull’omonimo romanzo di James M. Cain, già adattato per il cinema nel 1945 con il titolo Il romanzo di Mildred, è interpretata da Kate Winslet, Guy Pearce, Evan Rachel Wood, James LeGros, Melissa Leo, Brian F. O’Byrne, Morgan Turner e Mare Winningham.

Mario Martone (regista, sceneggiatore – Italia)

Nato a Napoli nel 1959, intreccia il lavoro di regista teatrale e cinematografico sin dagli inizi. La sua carriera artistica si apre in teatro, nel clima delle avanguardie teatrali, fondando il gruppo “Falso Movimento” e realizzando spettacoli che incrociano il teatro col cinema come Tango glaciale (’82) e Ritorno ad Alphaville (’86). Dieci anni dopo, coinvolgendo altri artisti napoletani, ha immaginato e dato vita alla cooperativa “Teatri Uniti”, con cui, oltre a continuare il suo teatro, ha realizzato i lungometraggi: Morte di un matematico napoletano (Gran Premio della Giuria a Venezia nel ’92), Rasoi (dall’omonimo spettacolo realizzato con Enzo Moscato e Toni Servillo), L’amore molesto (1995), Teatro di guerra (1998). Numerosi sono i suoi lavori in altri formati: cortometraggi, documentari, film di montaggio, tra cui Lucio Amelio/Terraemotus, Antonio Mastronunzio pittore sannita, La salita (episodio del film collettivo I vesuviani), Una storia saharawi, Nella Napoli di Luca Giordano, Caravaggio l’ultimo tempo (questi ultimi entrambi vincitori del Gran premio Asolo per i film d’arte, nel 2004 e nel 2006). Per il suo lavoro cinematografico ha ricevuto, tra gli altri premi, due David di Donatello e un Nastro d’argento. Tra i suoi spettacoli in teatro spiccano gli allestimenti di tragedie greche (da Filottete ai Persiani a Edipo re) e, negli ultimi anni, di opere liriche (Mozart, Verdi, Rossini) nei maggiori teatri del mondo, da Londra a Madrid, da Parigi a Tokio a Milano. Tra il 1999 e il 2000 è stato direttore del Teatro di Roma, dove ha compiuto un lavoro di radicale cambiamento della programmazione, creando un nuovo spazio teatrale, il Teatro India, e aprendo alle altre arti e alla contemporaneità. Ha contribuito nel 2003 alla nascita del Teatro Mercadante Stabile di Napoli, per il quale ha curato il progetto Petrolio che ha coinvolto decine di artisti italiani sui temi dell’omonimo romanzo di Pier Paolo Pasolini. E da un romanzo di Goffredo Parise, anch’esso degli anni ’70, ha tratto il suo film L’odore del sangue con Michele Placido e Fanny Ardant. Lo scorso anno ha presentato in concorso alla Mostra uno dei progetti più imponenti della sua carriera, Noi credevamo (2010), storia di tre cospiratori meridionali coinvolti nella lunga guerra risorgimentale per l’unità d’Italia. Il film ha vinto quest’anno 7 David di Donatello, tra cui quella per il miglior film e la miglior sceneggiatura firmata da Martone stesso e il Nastro d’argento dell’anno 2011 assegnato dal Sindacato nazionale giornalisti cinematografico “non solo come film caso in controtendenza nell’anno della commedia, ma per il valore e l’impegno che esprime, oltre il cinema, in un passaggio storico centrale nella vita della Repubblica Italiana, a 150 anni dall’Unità del Paese”. E’ attualmente direttore del Teatro Stabile di Torino, per il quale ha recentemente messo in scena le Operette morali di Giacomo Leopardi.

Alba Rohrwacher (attrice – Italia)

Dopo aver seguito i corsi dell’Accademia dei Piccoli di Firenze (1997-98) e della scuola Compagnia de’ Pinti (1998-2000), si diploma nel 2003 alla Scuola Nazionale di Cinema. L’esordio sul grande schermo è nel 2004 con L’amore ritrovato di Carlo Mazzacurati, a cui segue una serie di titoli che la impongono come uno dei volti più richiesti del cinema italiano: Melissa P. di Luca Guadagnino (2005), Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti (2006), Giorni e nuvole di Silvio Soldini (2007), Nelle tue mani di Peter del Monte (2008), Caos calmo di Antonello Grimaldi (2008), Il papà di Giovanna di Pupi Avati (2008), Due partite di Enzo Monteleone (2009), Io sono l’amore di Luca Guadagnino (2010), L’uomo che verrà di Giorgio Diritti (2010), Cosa voglio di più di Silvio Soldini (2010), La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo (2010), Sorelle mai di Marco Bellocchio (2010). Dal 2003 affianca alla carriera cinematografica quella teatrale, recitando in pièce come La casa degli spiriti diretto da Della Seta e Sevald (2003), Bric A Brac, per la regia L. Lupaioli (2004), Il mondo salvato dai ragazzini di V. Cruciani (2005), Lisa per la regia di L. Gioielli (2006), Noccioline diretto da V. Binasco (2007). In televisione, invece, è protagonista de Il vizio dell’amore di Velia Santella (2006). Tra i numerosi premi ricevuti vanno almeno menzionati due David di Donatello, per Giorni e nuvole (2008) e Il papà di Giovanna (2009), due Ciak d’Oro, come attrice esordiente nel 2008 e come miglior attrice protagonista per Cosa voglio di più, il Premio Esercenti (2007), il Golden Graal (2008), il Premio Flaiano (2008) e la nomina a Shooting Star al festival di Berlino 2008. Per l’interpretazione in La solitudine dei numeri primi ha vinto a Venezia il Premio Francesco Pasinetti per la miglior attrice protagonista e si è aggiudicata quest’anno il Ciak d’oro e il Nastro d’argento. Sempre quest’anno è stata impegnata sul set di due film: Missione di Pace, opera prima di Francesco Lagi che l’ha vista recitare di nuovo assieme a Silvio Orlando, e Bliss (Gluck), l’ultimo film di Doris Dorrie.

André Téchiné (regista, sceneggiatore – Francia)

Nato nel Sud-ovest della Francia, in luoghi in cui tornerà per ambientare alcuni dei suoi film, Téchiné è uno dei maestri del cinema francese post-Nouvelle Vague. Film dopo film, ha saputo affermare tutta la propria forte autorialità, affrontando ogni storia con stile assolutamente personale. Non si è rivelato soltanto eccelso direttore di attori – e soprattutto di attrici, dal momento che ha saputo far rendere al meglio, tra le altre, interpreti del calibro di Catherine Deneuve, Isabelle Adjani, Juliette Binoche, Jeanne Moreau ed Emmanuelle Béart, ma anche appassionato e coraggioso sperimentatore. Nei suoi film ha spesso raccontato le inquietudini dei giovani ed ha saputo alternare grandi storie romantiche con racconti più intimisti, affrontando argomenti quali il rapporti familiari, la prostituzione, l’omosessualità, la delinquenza, e mettendo sempre in evidenza l’importanza dei sentimenti e delle passioni. Dopo aver lavorato come critico cinematografico per i “Cahiers du cinéma”, inizia a cimentarsi dietro la macchina da presa lavorando come aiuto regista di Jacques Rivette, Luc Moullet, Marc’O. Negli anni ’70 si cimenta anche come attore ne La maman et la putain di Jean Eustache. Nel 1969 realizza il suo primo lungometraggio, Pauline s’en va, commovente ritratto dell’attrice Bulle Ogier. Il film uscirà nel 1975, ragione per cui Téchiné considera come suo vero esordio Souvenirs d’en France, un lungometraggio influenzato da Bertolt Brecht che gli vale gli elogi di Roland Barthes (il quale apparirà in Les Sœurs Brontë del 1979). Nel 1976 esce Barocco con Isabella Adjani, cui segue nel 1981 Hôtel des Amériques, con Patrick Dewaere e Catherine Deneuve, che da quel momento diventa una delle sue attrici-simbolo. Nel 1985, anno della definitiva consacrazione, il regista riceve a Cannes il premio per la regia con Rendez-vous, film sceneggiato da Olivier Assayas. Il cineasta mette in scena il mondo delle emozioni, delle relazioni, degli amori con una sensibilità che nel tempo si è fatta sempre meno letteraria e sempre più realista. In Niente baci sulla bocca (1991) racconta una vicenda di prostituzione, mentre la famiglia e l’amore sono al centro di Ma saison préférée (1992), presentato al Festival di Cannes nel 1993. Nel 2004 realizza I tempi che cambiano e due anni dopo Les Témoins (2006), nel quale tratta il tema dell’AIDS con grande equilibrio e sensibilità. Téchiné non disdegna poi la televisione ed è sorprendente la grazia con la quale dirige una produzione televisiva come L’età acerba (1993), storia di quattro adolescenti ambientata durante la guerra di Algeria. Una versione del film è uscita al cinema riscuotendo grande successo e vincendo tre César, tra cui quello per la regia e per la sceneggiatura. Nel 2001 ha presentato in concorso a Venezia Lontano, film girato in digitale, con cui mette in luce il talento di alcuni giovani attori tra cui Lubna Azabal, nel ruolo di una ragazza ebrea residente a Tangeri. Nel 2003 esce Les égarés, con Emmanuelle Béart e Gaspard Ulliel, che viene presentato in competizione al Festival di Cannes. Nel 2009, il regista è tornato sugli schermi con La Fille du RER, ispirato alla storia vera della ragazza che qualche anno fa si finse vittima di un attacco antisemita su una linea della RER parigina. Nel film, Catherine Deneuve recita accanto a Michel Blanc e a Emilie Dequenne. Sempre nel 2009 la Cinémathèque Française di Parigi ha dedicato a Téchiné una retrospettiva di tutti i suoi film. Nel 2011 il regista ha presentato a Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs il suo ultimo film, girato interamente a Venezia, Impardonnables con protagonista André Dussollier nei panni di Francis, scrittore affermato giunto sull’isola di S. Erasmo per dedicarsi con calma al suo prossimo romanzo.